La chiesa della Badia di Sant’Agata si presenta oggi come la più perfetta opera di architettura, fra i tanti capolavori che la ricostruzione tardo barocca seguita al terremoto del 1693 ha prodotto a Catania.
Subito dopo quel disastroso evento si era provveduto, per le esigenze delle monache, ad innalzare una prima chiesa riutilizzando e sistemando quanto era sopravvissuto dell’edificio precedente. Questa però non era ancora stata completata quando nel 1733 si decide si ricostruirne una nuova e monumentale, dirottando su questo cantiere un lascito di 4000 scudi voluto nel 1720 da Giuseppe Moncada per l’edificazione di un monastero a Paternò.
Nel 1736 con l’acquisto dei materiali viene avviato il cantiere, sotto la direzione di Giovan Battista Vaccarini, che qui darà la sua migliore prova. Appena tornato da Roma, il giovane architetto palermitano applicherà in questa chiesa, nelle forme più perfette, i modelli della grande architettura romana conciliandola sapientemente alle forme della tradizione tardo barocca locale. In particolare in questo edificio risulta molto forte l’impronta borromininiana, direttamente derivata dal modello della chiesa di Sant’Agnese in Agone in Piazza Navona (Roma).
Nel 1742, come dimostra la data incisa nel concio di chiave dell’arco del portale, la facciata doveva già essere completata: in essa fu riutilizzato il portale secentesco di Giovanni Maria Amato sopravvissuto al terremoto, inserendolo nel magistrale movimento della facciata ottenuto dall’accostamento di forme concave e convesse, in un insieme di straordinaria eleganza formale.
I lavori proseguirono a fasi alterne, fino al 1767 quando fu completata e voltata la cupola. In quest’occasione Vaccarini beneficò generosamente la chiesa, soddisfatto per l’opera compiuta, rinunciando alle spettanze arretrate a lui dovute.
Rilasciando il detto reverendissimo abbate di Vaccarini, siccome in vigor della presente rilasciò e rilascia, dimise e dimette per se etc., al succennato venerabile monastero e per esso alla detta reverenda sua abbadessa a nome di detto venerabile monastero stipulante, tutto il soprapiù, che spettar dovrebbe al ridetto reverendissimo abbate di Vaccarini pelle cause di sopra dichiarate, anche che fosse di una ingente ed ingentissima somma, e questo non per altro se non per la fervorosa devozione che ha’ e spera avere verso la gloriosa vergine e martire S. Agata e per la benevolenza che sempre ha’ conservato e conserva al detto venerabile monastero et quatenusfosse di bisogno di detto soprapiù, il detto reverendissimo abbate di Vaccarini pelle cause di sopra espressate in forza del presente ne fece e fa’ per se etc. a detto venerabile monastero donazione irrevocabiliter inter vivos, colle solite clausole traslative in forma, d’ogni miglior modo etc.
Dopo la morte di Vaccarini, nel 1768, furono realizzate le finiture dell’interno per le quali un ruolo fondamentale ebbe mastro Nicolò Daniele, che realizzò il pregevole pavimento in marmo bardiglio su marmo bianco di Carrara forse seguendo un disegno già preparato da Vaccarini. Sempre al Daniele si può attribuire la realizzazione degli altari in marmo giallo di Castronovo, materiale che l’architetto palermitano aveva invece pensato anche per impellicciare anche le colonne dell’ordine maggiore.
Nel 1782 vennero realizzate le statue degli altari in stucco marmorizzato ad opera di Giovan Battista Marino, maestro Mario Biondo e maestro Giovan Battista Amato. Nello stesso anno furono completate tutte le decorazioni interne ed esterne della chiesa, in previsione della solenne consacrazione alla presenza del sovrano (1796).
L’ultima fase della storia della chiesa è quella relativa al restauro, avviato nel 2010 con fondi dell’Arcidiocesi di Catania e dell’Otto per Mille della Conferenza Episcopale Italiana per la riapertura al culto e la messa in sicurezza dopo i danni riportati dall’edificio in occasione del terremoto del 1990.
La solenne riapertura della chiesa è poi avvenuta il 15 Ottobre 2012, quando per volontà dell’arcivescovo Mons. Salvatore Gristina è stata destinata ad attività di culto e come centro diocesano per speciali attività culturali.